
Vorrei da subito fare una premessa: non possiamo dire che una generazione si approcci meglio al lavoro che un’altra. Tutte hanno le loro peculiarità e le loro forze uniche, e ognuna di esse può essere adatta a determinati lavori e a determinati contesti lavorativi. Sono le singole persone a fare la differenza, indipendentemente dalla sua generazione di appartenenza.
È chiaro che le generazioni dal 1960 al 2020 hanno visto notevoli cambiamenti nell'approccio al lavoro, come conseguenza del mutamento culturale, dalla globalizzazione dei mercati e della digitalizzazione.
I Baby Boomer, nati tra il 1946 e il 1964, hanno vissuto un'era di crescita economica e hanno spesso lavorato per la stessa azienda per tutta la vita. L'approccio al lavoro era incentrato sulla lealtà e la fedeltà all'azienda, con un forte senso di responsabilità nei confronti dei colleghi e dei superiori.
I Gen X, nati tra il 1965 e il 1980, hanno vissuto un periodo di incertezza economica e hanno spesso cambiato lavoro più volte nella loro carriera. L'approccio al lavoro era incentrato sull'indipendenza e dalla possibilità di uscire dall’ombra delle conquiste e della forte crescita della generazione precedente, con un forte senso di responsabilità verso sé stessi e la propria carriera.
I Millennial, nati tra il 1981 e il 1996, cresciuti con l'avvento della tecnologia e l'accesso a una vasta quantità di informazioni, hanno un approccio al lavoro più collaborativo e basato sul team. Cercano un equilibrio tra vita professionale e privata, un ambiente di lavoro positivo e opportunità di crescita e sviluppo.
I membri della Generazione Z, nati tra il 1997 e il 2012, sono cresciuti in un mondo sempre più digitale e globalizzato e hanno una prospettiva diversa sulla carriera. Sono orientati alla tecnologia e all'innovazione, e sono alla ricerca di contribuire al cambiamento sociale e ambientale e di opportunità di lavoro che abbiano un senso e uno scopo etico.
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